La dolce vita ischitana

Ormai l’isola era entrata nel circuito del turismo internazionale, richiamava artisti in cerca di ispirazioni in quell’Eden incontaminato. La propaganda attraverso giornali e film prodotti dal Comm. Angelo Rizzoli attirò sull’isola d’Ischia personaggi in cerca di nuove emozioni e luoghi selvaggi dove trascorrere vari mesi dell’anno. Ogni anno sbarcavano personaggi i cui nomi risonanti venivano accompagnati dalla grancassa della televisione, giornali e cinegiornali. La gente del posto venne in contatto con artisti e scrittori di fama internazionale, per i residenti era un mondo tutto nuovo, erano lusingati dell’amicizia con questi turisti che si sentivano attratti dalla semplicità e cordialità degli abitanti. Artisti, cantanti, scrittori, politici, industriali di tutta Europa incominciarono a trasformare ruderi fatiscenti in favolose ville con accesso direttamente al mare. Altri comprarono cantine diroccate circondate da grossi appezzamenti di terreno per la coltivazione dell’uva donde ricavare un eccellente vino da consumare per uso proprio o per fare esclusivo regalo agli amici. C’era grande fermento in tutta l’isola, le spiagge calde dell’isola furono prese d’assalto da turisti provenienti dai paesi freddi del Nord Europa fra queste nazioni furono proprio i grandi operatori turistici tedeschi ad aprire le prime agenzie viaggi sul territorio dell’isola d’Ischia per fare apprezzare ai propri connazionali e paesi di lingua tedesca le benefiche acque termali sparse per tutto il territorio dell’isola.

Famiglie facoltose della terraferma seguirono l’esempio del Comm. Rizzoli e di Marzotto costruendo alberghi, parchi termali nei posti più belli dell’isola. Oltre i soldi incominciò a circolare un giro di ragazze e ragazzi alla ricerca di una scritturazione in un film o con una casa discografica: da Mina a Peppino di Capri, da Carosone a Lucio Battisti. Altri lusingati da regali e auto di grossa cilindrata, vestiti con capi di abbigliamento costosi, acquistati in esclusive boutiques le quali sbucavano come funghi sul corso principale di Porto d’Ischia e nei negozi più esclusivi di Lacco Ameno; tutti erano alla ricerca di un posto al sole. Questa “gioventù dorata”, faceva spola con motoscafi fra Ischia, Capri e Positano; la sera girava da un locale all’altro, nei ristoranti e night più eleganti.  Giovani villeggianti venivano invitati dai gestori di locali notturni, a prezzi convenienti, a frequentare assiduamente il locale in modo da invogliare altri frequentatori del night a fermarsi nel locale perché si sa che la gente vuole altra gente. Dopo una serata trascorsa in un dancing si proseguiva con bagno di notte nelle acque calde termali in riva al mare, al chiaro di luna. In questo giro anche giovani ischitani si inserirono lentamente proprio per sentirsi alla pari dei giovani proveniente dal continente.  Erano molto richiesti specialmente da “sciure” del Nord oppure da signore stagionate straniere che avevano case sull’isola. Capitava che le signore si innamorassero dalla freschezza e gioia di vivere che trasmettevano questi primi “latin lover” e li coprissero di soldi e regali preziosi; in alcuni casi il cambiamento di questi soggetti fu repentino. Ragazzi e ragazze cominciarono a curare di più il loro corpo frequentando parchi termali e Terme per migliorare l’aspetto fisico e la propria immagine e incontrare personaggi interessanti.

Era il 1958 Aiché Nana fu immortalata da uno scatto di Tazio Secchiaroli mentre si spogliava su di un tavolo in un noto ristorante di Trastevere a Roma, lo spogliarello della bella Aichè fece scandalo e ne seguì un lungo strascico giudiziario. Da non dimenticare che l’Italia era ancora un paese timorato e bacchettone, quest’episodio divenne uno scandalo nazionale. Qualche anno dopo il geniale Federico Fellini immortalò i costumi e la vita mondana della capitale che rispecchiavano l’atmosfera che si respirava in quegli anni nell’alta società italiana col suo capolavoro: La Dolce Vita.

Quest’atmosfera nuova e inebriante sbarcò anche in alcuni ambienti isolani i cui frequentatori si davano appuntamento in ville fantastiche che sorgevano in riva al mare, in angoli suggestivi, lontano da occhi indiscreti. In queste dimore protette si svolgevano feste e festini che andavano avanti fino all’alba, erano frequentati dal jet set internazionale con la presenza della ruspante gioventù locale attratta dalla novità, dal lusso e dalla fama dei personaggi e qualche “spiccioletto” in più. Durante uno di questi “balletti rosa” forse per overdose o per un misto di alcol o allucinogeni ci fu un decesso. Il fatto fece scalpore ma subito fu messo a tacere per l’importanza dei partecipanti ai party. Così si dissolse il velo che avvolgeva questo mondo distante dalla realtà del posto, più tardi l’HIV incominciava a seminare le prime vittime.

Il giglio di Santa Restituta



Chi a Lacco Ameno non conosceva Memela, Titina e Nannina “e’ Sulviestr”?
Delle tre sorelle la più eclettica e creativa era Titina, presso la quale le mie sorelle hanno imparato i primi rudimenti del cucire e del ricamo. I primi opuscoli di modelli per vestiti di moda li ho visti in casa loro. Memela la più anziana delle tre era amica e coetanea di mia madre, molto spesso quando diventavo un poco “na peste” mia madre mi dava una tazzina da caffè vuota o un bicchiere e mi intimava di andare dalle sorelle per farmi dare un po di “ntrattiene”, Nannina era la più sorridente e disponibile delle tre, aveva sempre aneddoti e fatti per interessarmi.
Davanti alla casa avevano un giardino che dava sulla strada, era sempre pieno di fiori colorati e profumati, c’erano enormi ortensie più alte di me, un pergolato lunghissimo di buganvilla che la mamma “Vicenza”, riproduceva con la paglia per poi donarli alla parrocchia e alla chiesa di Santa Restituta per addobbare gli altari. Al centro del giardino torreggiava un albero di limoni che la famiglia “e’ suluviestr” metteva a disposizione di quanti del rione di Mezzavia andavano a chiedere il frutto specialmente quando preparavano “il dolce”. Quando si è bambini gli spazi hanno un’altra dimensione. Ricordo che via Cristoforo Colombo per me era lunghissima. Quando son tornato da grande a visitare il posto dove ho trascorso l’infanzia, la stessa strada mi è sembrata molto più corta di quanto la ricordassi.
Ogni stagione veniva cadenzata dai tipi di fiori che non mancavano per tutto l’anno nel giardino. Nannina, la più giovane delle tre se ne prendeva cura e l’ha seguito fino agli ultimi giorni del suo distacco terreno. Nel mio ricordo, dopo tantissimi anni, in una delle rare visite chiesi a Nannina la pianta del giglio di Santa Restituta (Pancratium maritimum) a cui gli isolani sono particolarmente legati perchè ricorda lo sbarco della Santa Padrona. Purtroppo dato lo sviluppo turistico del posto quella specie non fiorisce più sulla spiaggia di San Montano; Nannina, rispettosa della tradizione, aveva uno spazio riservato esclusivamente a questo fiore che ormai sull’isola era in fase di estinzione.
Anni fa, durante il mese di ottobre mi chiamò per dirmi che aveva qualcosa per me; con mia grande sorpresa mi regalò un piccolo bulbo del suddetto fiore. Felice lo piantai in un vaso e devo essere sincero preso da mille impegni mi dimenticai di quella piantina che oppressa in un vaso da altre piantine la dimenticai, mi passò dalla mente ormai non regalava nessun fiore.
Dopo anni quando si ha più tempo a disposizione, determinate cose si apprezzano in modo differente. Il bulbo ha iniziato a regalarmi quei fiori, ormai rari che sono i gigli di Santa Restituta. Con grande gioia ho raccolto le bacche dopo la fioritura e ho conservato i semi. Ho seguito le istruzioni secondo l’infallibile metodo di Angelo, fanghino/giardiniere di Villa Svizzera e, stamattina con grande gioia ho notato che il seme sta lentamente germogliando. Controllerò che non manchi mai l’acqua fino a quando il seme non diventerà piantina. Se qualcuno desidera un germoglio sarò ben felice di regalarlo affinchè la tradizione continui e il fiore si diffonda. Da tener presente che i semi sono limitati.