“La palla di zazzà”

Con ansia aspettavamo le feste patronali per la gioia e l’euforia che procuravano gli addobbi, le bancarelle, la musica a tutto volume delle giostre che trasmettevano canzoni alla moda di quel momento come un moderno juke-box, rompendo la monotonia della quotidianitàAlla baracca del tiro a segno c’era la bella Ofelia che t’invitava a fare un tiro con il fucile caricato col tappo che serviva a buttare giù i bersagli che consistevano in un pupazzo di stoffa, una palla, un pacchetto di biscotti bovolone, una bottiglia di marsala dalla marca sconosciuta e tanti altri oggetti di poco valore appoggiati su di una mensola. Le bancarelle offrivano giochi innocenti per bambini, in verità ce n’erano pochi. Molti di essi venivano costruiti da noi stessi. Un giocattolo che ricordo ancora era un pezzetto di legno che rappresentava Pinocchio: era ricoperto con carta increspata di colore rosso, a mano a mano che lo spingevi batteva le mani dove si trovavano dei minuscoli piattini, più il giocattolo era mosso, più aumentava il suono. Un passatempo divertente, a volte violento, era la “palla di zazzà”. L’indimenticabile Beniamino spingeva il suo carrello dove, oltre a vendere le “cacuette” (noccioline americane), c’erano le “palle di zazzà” appese a un filo di spago, che correva lungo il suo coloratissimo mezzo di trasporto. Esse ondeggiavano a causa del pavimento sconnesso. La palla era ricoperta da più pezze con colori sgargianti, con dentro la segatura. In cima alla stoffa c’era un occhiello di cotone dove era inserito un filo di elastico lungo circa un metro. Il filo veniva legato al dito medio dei compratori e la palla veniva lanciata a mo’ di palleggio (tipo yoyo) e poi all’improvviso la scagliavi sulla testa del malcapitato di turno. Succedevano lotte divertenti e a volte violente con inseguimenti fra i vicoli o sulla spiaggia. Molto spesso nella lotta, il filo e la palla si attorcigliavano con l’elastico dell’avversario con la rottura della palla e la segatura che fuoriusciva da essa imbrattando gli indumenti, causando un fastidioso prurito per tutto il corpo.Ci si accontentava di poco e più che altro questo gioco era divertente per avere un motivo per rincorrersi, mettere sgambetti e trovare un vincitore che si vantava con gli altri per aver primeggiato sui coetanei.

U pettine astritt

E’ giovane e sveglio, occhi neri grandi e profondi. Capelli ricci arruffati difficili da pettinare: i pidocchi si annidavanono numerosi nella sua chioma. Arrivava prima la puzza di ddt e poi lui. Ma a quell’epoca l’odore dell’antiparassitario era comune, veniva usato per tutti gli usi. Per combattere le mosche ma anche tutte le forme di parassiti, bastava una “flittiata” e gl’insetti scomparivano. La povera Luciell, la madre di Ciruz, per combattere questi parassiti, che nemmeno il pettine stretto riusciva a togliere dalla testa, portò il figlio da “on Lumminc u barbier” e in quattro e quattr’ otto fece tagliare a zero i riccioli increspati del figlio.

“u’strumml”

Da “Titina a paglittar” comperavamo “u strumml” (trottola) che consisteva in un cono di legno con una punta di ferro all’estremità. Ce n’era di diversa fattura. I più diffusi erano quelli con le strisce colorate di rosso e verde. Si attorcigliava un filo di spago intorno ad esso e lo si lanciava su una superficie piana. Vinceva chi lo faceva girare più a lungo. Si organizzavano dei veri tornei fra i rioni. Dovevano essere lanciati con maestria perché si spaccavano molto facilmente!