Peppino Iacono detto “Peppin e p’lliccion”

Gli amici d’infanzia che non dimentichi mai: Peppino Iacono detto “Peppin e p’lliccion”. Aveva 17 anni, senz’altro era il ragazzo più aitante di Lacco. Oltre ad essere un bel ragazzo, alto, biondo, sportivo era quello che faceva subito presa sulle ragazze specialmente quelle straniere. Non era invidiato da noi ragazzi per le sue doti naturali perché non si vantava ed era abbastanza simpatico. Quando d’estate, in gruppo, andavamo alla spiaggia di San Montano, Peppino era quello che faceva presa su tutti e subito riusciva a rompere il ghiaccio con le ragazze, attratte dal suo fascino. Peppino abbatteva subito le barriere di lingua e di costume: tutte le straniere s’innamoravano di lui mentre noi comuni mortali dovevamo impegnarci non poco per suscitare simpatia. Chi può dimenticare Nadine, una ragazza svizzera/francese ? Di una bellezza prorompente, bionda, sembrava la sosia di Brigitte Bardot. Tutti i ragazzi del posto e i villeggianti stavano dietro a questa turista. Appena arrivò in albergo con i genitori e delle amiche uscirono per esplorare il paesino di Lacco: la loro presenza si notò subito. Si formò un corteo di ragazzi che seguiva le giovani turiste al pontile e alle spiagge mentre queste erano indifferenti alla loro presenza. All’arrivo di Peppino le ragazze si sciolsero e la più carina, Nadine, fu catturata inesorabilmente. Questo capitava non solo con le ragazze straniere ma anche con quelle dell’isola, specialmente durante il periodo natalizio quando era il momento dell’anno che si organizzavano serate da ballo presso case private. Le famose tombolate a cui partecipavano famiglie al completo, dalla nonna a tutti i componenti, erano sempre grosse tavolate. Si approfondivano le conoscenze e manco a farla a posta era il periodo dei fidanzamenti. Quell’anno Peppino frequentava una ragazza di Forio e tutte le sere lasciava Lacco e gli amici per trascorrere la serata con la sua nuova fiamma. Era passato Natale e ci si preparava per il veglione di Capodanno, molti erano i locali che organizzavano il cenone oppure semplicemente si andava nelle discoteche dove c’era sempre il cantante che al momento era di moda e di gran fama. Noi, in genere, andavamo nelle discoteche. I cenoni erano cari e noi giovani non ce lo potevamo permettere. Negli anni ’60, d’inverno c’erano aperti sull’isola il Jolly Hotel a Porto d’Ischia e l’Hotel La Reginella a Lacco Ameno. Ricordo che erano frequentati da gente facoltosa, le signore giravano tutte in pelliccia di visone che erano proibitive per una ragazza del posto. E poi per confezionare tale soprabito bisognava andare da una sartoria specializzata a Napoli. Era la vigilia di Capodanno, fra le comitive c’era grosso fermento. Si era ancora indecisi in quale locale e in quale località andare per festeggiare il nuovo anno, mi ricordo che per non spendere troppi soldi noi ragazzi portavamo con noi una bottiglia di spumante, nascosta, e l’aprivamo al momento della mezzanotte. L’aria era elettrica per tutta l’isola per l’inizio del nuovo anno e tutti indossavamo qualcosa di nuovo. Nel tardi pomeriggio Peppino tornava con alcuni amici da Forio, erano in tre su una Vespa, lui era seduto dietro, si trovavano sopra la curva della Mezzatorre. Peppino chiese agli amici di fargli guidare il mezzo fin giù alla piazza di Santa Restituta dove lui sarebbe sceso. Nella curva detta di “ze’Rachele” il Nostro non riuscì a controllare il mezzo in discesa e andò a sbattere contro il muro di faccia vista di “Vittoria” dove battè fortemente la testa. Gli altri due che stavano indietro restarono incolumi. Secondo il racconto della sorella Tatina, Peppino durante il sonno della notte precedente emetteva con la bocca il rumore della Vespa: prr…prr…prr…prr e più volte prpr…prpr… Quando si svegliò la sorella domandò per quale motivo imitava quel rumore, Peppino disse che aveva sognato di guidare una Vespa e d’aver sbattuto con la testa contro il muro ed era morto. Triste presentimento!

LO SVILUPPO DELL’OSPITALITA’

La prima forma di ospitalità si manifestò già 3000 anni fa presso gli antichi Greci che davano ristoro ai passanti specialmente se provenivano da un lungo tragitto a piedi. Si pensava che gli dei impersonassero lo straniero che si presentava all’uscio della propria dimora. Più lungo era il percorso fatto dallo sconosciuto più calorosa era l’assistenza, offrendo il letto migliore per non attirare le ire di Zeus. Un’altra conferma divenne nota quando i tifosi si spostavano da un punto all’altro della Grecia per assistere ai Giochi Olimpici e tifare per i loro atleti. In quell’occasione addirittura si fermava ogni forma di lotta e ostilità fra i popoli. Nell’antica Roma venne istituita la “Tessera dell’Ospitalità” che riportava il nome dell’ospite e dell’ospitante. Lunghe le vie costruite per raggiungere ogni parte dell’Impero sorgevano “Stationes” e “Mansiones”. Le prime erano rivolte ai viaggiatori meno abbienti che trovavano un giaciglio per la notte e ristoro per i cavalli. Le seconde erano rivolte a un pubblico più agiato dove oltre al riparo per la notte si trovava assistenza per i carri, gli animali e un piatto caldo per i proprietari.Nel Medio Evo con lo sviluppo della religione cattolica, molti pellegrini si spostavano da un paese all’altro trovando alloggio presso conventi che si trovavano lungo i passi alpini e punti strategici appartenuti ai Francescani e ai Benedettini che davano ospitalità gratuitamente. In questo periodo vediamo svilupparsi differenti forme di strutture che davano ospitalità a pagamento: le “tabernae”, davano alloggio e vitto in stanze comuni, in cambio di merce o per pochi spiccioli. Erano frequentate da gente di malaffare e per questo motivo molto spesso il viandante veniva derubato di quel poco che aveva con sé. Contemporaneamente alle tabernae nascevano le “magioni” rivolte ai viaggiatori più abbienti. Offrivano stallaggio e camere confortevoli singole o doppie e buona cucina. Questa formula è andata avanti per molti anni evolvendosi nel tempo. Verso la fine dell’800 molti palazzi patrizi e ville nobiliari furono trasformati in alberghi: “Palace” adeguando lo standard dei servizi e dell’accoglienza a quello che erano le esigenze dei prestigiosi ospiti. Il personale fu attinto dalle ville gentilizie: dalle governanti ai maggiordomi. Gli alberghi inizialmente trovavano grosse difficoltà ad acquisire clientela. Un esempio è il Savoy di Londra (6 agosto 1889) ed altri alberghi di prestigio europei. Fino ad allora quando un nobile si spostava da una paese all’altro era ospite di un suo pari. Sia i palazzi reali che i castelli avevano un’ala riservata esclusivamente agli ospiti che di tanto in tanto andavano a fare visita a parenti o amici per trascorrere un periodo insieme, in occasione della stagione di caccia o di gare di cavalli. Non soggiornare presso una famiglia gentilizia significava non essere accreditato presso la nobiltà.Lo stesso Richard D’Oyly Carte per attrarre clientela altolocata dovette fornire il suo albergo di servizi che nemmeno Buckingham Palace aveva: 4 ascensori! Elettricità in tutte le camere. Tutti i bagni erano arredati con marmi pregiati, vasca da bagno di porcellana finissima e specchi scintillanti. Dovette lottare non poco contro il puritanesimo che caratterizzava l’epoca vittoriana quando addirittura dovevano essere coperte le gambe dei tavoli o del pianoforte per bigottismo. Per una donna era sconveniente rispecchiarsi in uno specchio nella sala da bagno. Lentamente questi comfort fecero breccia nella mentalità dell’epoca ed iniziarono a fiorire “les Gands Hôtels de Luxe” in tutti i paesi d’Europa. Un esempio fulgido arriva dalla Costa Azzurra, da Monte Carlo a Nizza dove molti nobili inglesi andavano a svernare grazie alla dolcezza del clima. Sorsero alberghi che non avevano niente da invidiare a una residenza nobiliare, un esempio è il Negresco di Nizza, Carlton di Cannes e tanti altri che attiravano re, regine, zar, presidenti, ambasciatori, artisti che viaggiavano in giro per L’Europa. Anche l’isola d’Ischia conobbe un periodo luminoso fra fine ‘700 e ‘800, in particolar modo Casamicciola conosciuta nel mondo come stazione di cura e soggiorno. Attirò nomi prestigiosi e viaggiatori da tutto il mondo, da Garibaldi al poeta e scrittore francese La Martine, da Ibsen a Jörgen Vilhem Bergsöe. Per non parlare della Villa del Can. Don Tommaso de Siano alla Pannella di Lacco Ameno dove alloggiarono illustri personaggi di cui Giovanni Castagna parla nella sua Rassegna d’Ischia del 2005 “…l’albergo del canonico e cavaliere dell’Ordine di San Michele di Baviera, D. Tommaso De Siano, situato in contrada Pannella, accolse «ospiti di riguardo, principi reali, la nobiltà napoletana e romana, eminenze e famiglie straniere” Questo momento aureo dell’accoglienza dell’isola d’Ischia s’infranse con il terremoto del 1883!

Don Vincenzo Avallone: un prete speciale.

Il Papa: “Condividere le proprietà non è comunismo ma cristianesimo”

Ognuno di noi, penso, abbia incontrato, nel corso della propria esistenza, persone che hanno lasciato una traccia incancellabile nei propri ricordi: don Vincenzo Avallone, per me, è stato un punto di riferimento!

La prima volta che l’ho incontrato frequentavo le scuole medie in Seminario. Anni bellissimi, ricchi di esperienze nuove che hanno contribuito fortemente alla mia formazione.

Forse perché vivevo in un luogo sereno, protetto, riuscivo a dare il meglio di me stesso negli studi, avendo per coetanei ragazzi che poi sono rimasti amici per tutta la vita. Avevamo giovani sacerdoti che ci seguivano ed erano nostri sorveglianti chiamati “prefetti” i quali vigilavano sul nostro benessere e disciplina. Siamo stati dei fortunati, quelle nefandezze che si ascoltano oggi erano fuori le mura. Abbiamo avuto personaggi uno più incisivo dell’altro: da un lato Don Pasquale Sferratore, “verace e positivo” che con la sua splendida voce ci stimolava a fare bene. Don Camillo che si confondeva fra noi ragazzi come un coetaneo e poi don Vincenzo Avallone.

Ecco proprio lui era quello che mi sentivo più vicino ed in effetti ho continuato a frequentare dopo i tre anni delle medie.

Per non parlare dei preti che ci hanno accompagnati nello studio e nella crescita, persone coltissime: Don Matteo Romano, di Forio, che spaziava tra la lingua italiana e il Latino. Don Tommaso Trani dal quale ho appreso le basi della lingua francese che ho trovato utilissime in seguito a Ginevra. Don Ciccio Iovine, un mostro di scienze matemetiche; purtroppo, nonostante la sua bravura, la matematica mi è rimasta uno scoglio insuperabile. Ricordo con affetto le sue espressioni: “no figliu miej, ca è sbagliat” e “kindi” (quindi)…!?

L’unico laico: Mario Mazzella, uno dei massimi pittori isolani, insegnante di disegno!

Dopo anni di peregrinazione, fra un viaggio e l’altro, incontravo don Vincenzo Avallone che voleva essere tenuto al corrente su tutto il mio percorso professionale.

Quando ci incontravamo eravamo presi entrambi, io dal mio lavoro e lui dal suo incarico di Parroco nella Parrocchia della Maddalena a Casamicciola. Un lavoro molto impegnativo che l’ha coinvolto per lunghi anni. Stando molto vicino alla popolazione, impegnava, a volte, i suoi ex seminaristi, ormai diventati professori, a dare ripetizione gratuita ai suoi giovani parrocchiani più bisognosi. Le signore di Casamicciola che facevano parte della P.A.A.D (per aspera ad astra) collaboravano con don Vincenzo nelle opere di carità cristiana. Nel 2010 gli fecero dono di un apparecchio TV. Era inconcepibile che qualcuno nel 2000 vivesse senza televisore. Dopo qualche tempo le donne, a seguito ad una loro visita, riscontrarono che il prete non aveva l’apparecchio televisivo in casa. Alla loro domanda su che fine avesse fatto il nuovo apparecchio, il parroco rispose che c’era una famiglia che ne aveva avuto più bisogno di lui. Questo era Don Vincenzo!

La tonaca che portava addosso era sempre la stessa, usurata e lisa ma sempre pulita come i sandali che portava ai piedi.

Ho avuto sempre l’impressione di vedere in lui un San Francesco moderno con la sua fedele “sorella povertà” al seguito. Tutto regalava, persino il raccolto del suo orto.

Per l’età e per la cagionevole salute, ha lasciato la parrocchia della Maddalena di Casamicciola, è ritornato nel suo paese natio: a Panza. Anch’io mi trovavo ad abitare lì, a Baia Sorgeto, per cui ho avuto occasione di riallacciare la frequentazione. Lui parlava correttamente l’Inglese, voleva parlare esclusivamente in inglese con me. La sua gioia maggiore la manifestava allorquando gli presentavo qualche coppia britannica che soggiornava al Residence. Li invitava a prendere un caffè insieme esprimendo gioia pura, simile a un bambino che ha fra le mani il suo giocattolo più bello: esercitare la sua lingua preferita.

Con il cambio dell’ora legale, don Vincenzo celebrava messa, alla domenica, alle 7,30 del mattino, nella chiesa di San Leonardo, a Panza. Per me quell’orario andava molto bene così avevo una giornata senza il pensiero di dover assolvere al mio compito domenicale da cristiano. La messa delle 7 e 30 del mattino non era molto frequentata, a volte arrivavo in chiesa con qualche minuto di ritardo. Mi fermavo in fondo alla chiesa, all’ingresso, lui mi chiamava e mi invitava ad avanzare e a sedermi vicino a lui, ai primi posti. Mi faceva ricordare quando chierichetto gli “servivo” la messa!

Per non parlare del Vangelo che spiegava in maniera essenziale e semplice usando termini dialettali. Intercalava la spiegazione con episodi di vita vissuta che strappavano un sorriso. Trasmetteva l’amore per il prossimo e la natura che lui tanto amava, esortando i giovani a non abbandonare la coltivazione della terra. Citava spesso gli sforzi che avevano fatto le vecchie generazioni nella cura e il rispetto della natura!

Giuseppe Iacono meglio conosciuto come “Peppe u’ biond”

 

La Baia di Sorgeto non l’avevo mai vista prima di sposarmi e come tanti isolani ne ignoravo l’esistenza.

I confinanti dell’appezzamento del terreno appartenuto alla famiglia di mia moglie (la prima volta che ci recammo a visitarlo), senza averci visti né conosciuti prima, ci ricevettero con un caffè fumante. Fu un’accoglienza molto cordiale che ci spinse in seguito ad investire in quel posto. Oltre alla bellezza selvaggia del luogo, la disponibilità degli abitanti del paese di Panza fu incoraggiante. Inoltre avevo amici che abitavano in quella contrada conosciuti all’epoca dei miei tre anni trascorsi in seminario.

Alcuni collaboratori, che avevo avuto fra la direzione di Villa Svizzera e l’Albergo La Reginella, mi parlavano delle qualità e dell’intraprendenza di un personaggio: Giuseppe Iacono meglio conosciuto come Peppe “u biond”.

La prima volta che lo incontrai si stava realizzando la rete fognaria in mezzo alla piazza San Leonardo nel centro di Panza e, manco a farlo apposta, ero intento con alcuni amici a gustare un buon caffè al bar del centro. Peppe sbucò all’improvviso dal tracciato che si stava scavando. Questo è stato il mio primo incontro con il “Biondo” dalle diverse vite.  E’ stato un predestinato: enfant spécial, unico figlio maschio con un cospicuo patrimonio sia a Ischia Ponte, dove ha trascorso gli anni della sua infanzia, che nel Sud dell’isola, nei posti più suggestivi di quei luoghi, dalla località Scannella a Sant’Angelo, passando per la Pelara. Era uno dei pochi privilegiati: giovanissimo a possedere una moto Ducati, un cavallo e l’auto del dott. Vitale di Casamicciola con cui scorrazzava da Ischia Ponte alla Scannella.

 

 

In quell’epoca l’isola d’Ischia era un set cinematografico permanente, si susseguivano le più grosse produzioni mondiali. Partecipò nelle vesti di centurione al film” Cleopatra“. Questo fu uno dei colossal della cinematografia americana prodotto dalla 20th Century Fox e vide formidabili interpreti: Liz Taylor, stupenda e ammaliante nelle parte di Cleopatra, Rex Harrison nelle vesti di Giulio Cesare e Richard Burton interpretare Marco Antonio. “Il Biondo” ebbe altre esperienze del genere come lavorare a fianco di Steve Reeves e Chelo Alonso in “Morgan il pirata” girato ai Maronti, il ladro di Bagdad e ancora in “Wir wollen niemals auseinandergehen”una produzione cinematografica tedesca con la celebre attrice e cantante Vivi Bach. Il regista Harald Reinl gli propose altre partecipazioni ; ormai il nostro intraprendente giovane voleva abbandonare l’isola e tentare la via di Cinecittà a Roma, in piena Dolce Vita. Orfano di padre non appena diciottenne, i due zii, uno prete e l’altro suo tutore si opposero fermamente al progetto. Così il poliedrico “Biondo” rimase sull’isola e incominciò a curare la campagna, impiantò un cantiere edile e si dedicò alla cura dell’immenso patrimonio. Acquistò i macchinari più all’avanguardia dell’epoca come pala meccanica (caterpillar), motozappe e altre nuovissime attrezzature. Aiutò i contadini a creare sentieri e strade per la campagna del paese dando la possibilità alla gente del posto di raggiungere facilmente i poderi fino a quell’epoca raggiungibili solo con l’asino. Mise a disposizione degli abitanti anche le sue attrezzature gratuitamente e ben presto si guadagnò la stima e l’apprezzamento dei suoi compaesani. In poco tempo diventò l’arbitro indiscusso di ogni situazione. Si impegnò in politica fino ad essere eletto sindaco di Forio, sogno irrealizzabile per un abitante di Panza fino a quel momento. Ricordo che, per mettere in funzione il plesso scolastico dello Scentone, non esitò a mandare personale del proprio albergo a pulire le aule per l’apertura dell’anno scolastico.

Anche io lo trovai vicino nella realizzazione del mio sogno: il Residence Baia di Sorgeto disegnatomi da Gae Aulenti e dalla sorella Olga, mie clienti al Reginella.

Ho seguito e visto nascere la sua creatura, costruita con le sue mani, da uomo dalle grandissime potenzialità. Ha reso possibile il sogno tanto vagheggiato da suo padre e suo zio in uno degli angoli più incantevoli dell’isola: Il Grand Hotel alla Scannella

Anche a lui resta un sogno mancato: quello di essere stato troppo giovane quando il Commendatore Angelo Rizzoli voleva realizzare l’aeroporto a Campotese e non essere stato in grado di far diventare Panza la Capodichino dell’isola d’Ischia!

RISTORANTE CAROLINA A VARULO

Con l’estate la bella compagnia incominciava a popolare la spiaggetta di Varulo, situata sotto la collina di Montevico. Era raggiungibile solo per mare. Vincenzo (meglio conosciuto come Wuagnel) era l’animatore della compagnia. Tutte le famiglie che avevano una barca portavano i bambini in quel chiarissimo specchio d’acqua, lontano dalla confusione delle spiagge del centro del paese forse più comode ma super affollate. Chi non aveva un mezzo di trasporto proprio veniva caricato sulla barca da amici oppure davano una regalia a Peppino “e Sciusciell” per farsi accompagnare lì e farsi riprendere al ritorno. In questa baietta i bambini giocavano tranquilli mentre i genitori si rilassavano al caldo sole e le grida festose echeggiavano nell’aria. Al gruppo si aggregò anche Carolina conosciuta per le sue battute divertenti e spontanee con la sua verve  dissacrante che era la sua caratteristica. Insieme al “Wuagnel” diventarono la grande attrazione del gruppo di amici. Pensarono di portare ognuno un ombrellone, addirittura con l’abbondanza delle canne che si trovavano lungo il costone della baietta costruirono delle larghe tende per far riposare i bambini e proteggerli nelle ore più calde. Ognuno portava con sé qualcosa da mangiare in spiaggia per godersi la giornata in compagnia e non fare ritorno a casa per il pranzo. Così Vincenzo si adoperò a improvvisare una “fornacella” per cuocere sul posto spaghetti ai frutti di mare, ai ricci, con pesce appena pescato. Fu un ritorno alle origini ma col benessere attuale. Dato che i partecipanti incominciarono a diventare più numerosi, varia era l’offerta di cibo che portavano con sé.

Molti villeggianti scendevano dalle barche e andavano da “On Vicienz” per gustare, seduti sugli scogli, un piatto di spaghetti preparati in riva al mare. La fama della cucina casereccia e improvvisata si estese fra i villeggianti e numerosi arrivavano all’ora di pranzo. Carolina era famosa non soltanto per la sua simpatia ma anche per le sue polpette di melanzane, così per scherzo misero un’insegna in onore di Carolina. Prima di andare a Varulo, la stessa faceva rifornimento di pane caldo e fragrante appena sfornato. Chi portava la frutta, chi l’acqua e logicamente non mancava Restituta del Fango col vino di produzione propria tenuto nelle borse termiche.  

La gioia dei partecipanti era esaltante, specialmente per i più piccoli era un’esperienza unica per la novità.

Fra i componenti del gruppo c’era anche “Marettone” con la sua bella famiglia. Il suo passatempo preferito era la pesca subacquea, nessuno meglio di lui conosceva quei fondali. Era figlio di pescatore e lui stesso aveva aiutato il padre numerose volte nella pesca.

Il mare di Varulo è ricco di una folta vegetazione di Posidonia, numerose specie di pesci pascolavano in quelle folte praterie. Da abile uomo di mare riusciva a catturare polipetti, seppie che le donne del gruppo cucinavano sapientemente. Marettone poco distante dalla grotta soprannominata di Mario (allorquando lì Caio Mario si rifugiò nell’88 a.C. inseguito da Silla) si dilungava perché fra due scogli lo incuriosiva una piastra metallica che fuoriusciva appena dal letto di sabbia. Ogni mattina che si tuffava in acqua andava sempre ad osservare quel ferro. Col suo uncino primitivo, incominciò a lavorarci vicino e ben presto quella piastra cominciava a prendere forma, sembrava la base di una bombola di gas rovesciata.

Una mattina mentre era intento a lavorare vicino a quel ferro rudimentale, passò nei paraggi un sub attrezzato di maschera, pinne, appassionato di snorkeling, che villeggiava allo Sporting. Mario gli fece cenno di avvicinarsi e gli mostrò quello strano oggetto che si trovava sul fondo. L’ospite capì subito che si trattava di un residuo bellico pericoloso: una bomba inesplosa!

Senza spaventare gli amici e familiari raggiunsero la motovedetta della Finanza che faceva dei controlli di routine ai natanti ancorati nello spazio d’acqua antistante l’insenatura. Giunti sul posto capirono subito di che si trattasse così intimarono ai bagnanti   di allontanarsi dal posto. Una volta sgombrata la spiaggia, portarono via la bomba per farla brillare lontano dalla costa. Vincenzo e la festosa compagnia continuarono tranquillamente a intrattenersi e godere del piacere di stare insieme!