In ricordo della Buonanima


Agli inizi degli anni ’80 l’istituto alberghiero di Ischia divenne autonomo, non dipendeva più dall’istituto Cavalcanti di Napoli.Si doveva decidere il nome a cui intestare l’istituto. Il nome che veniva sussurrato e diffuso, nel Consiglio d’Istituto, era quello di Vincenzo Telese, cittadino emerito d’Ischia che tanto si adoperò per lo sviluppo dell’isola. Suggerii anche il nome di Angelo Rizzoli che era stato la persona che lanciò l’isola fra le mete più ambite del turismo internazionale. Aveva portato benessere e cambiò totalmente la vita dura di tantissimi isolani direttamente e indirettamente. Il nome fu rifiutato e disdegnato subito, senza diritto di replica. Eppure la Buonanima tanto aveva fatto per gli abitanti dell’isola. Tutti avevano avuto vantaggi. In quel momento di euforia furono costruite case popolari dotate di bagni e acqua corrente. All’epoca i più fortunati avevano un pozzo proprio ed erano costretti a tirare l’acqua su col secchio, a mano. Altri dovevano fare lunghi tratti a piedi per approvvigionarsi. I contadini e i pescatori abbandonarono le misere baracche dove erano assemblate famiglie numerose. La memoria del comm. Angelo Rizzoli in un decennio fu dimenticata da tutti specialmente da quelli che avevano cambiato “status”. Persino il busto, in memoria del Commentatore, che era stato collocato sul marciapiedi di piazza Santa Restituta veniva spostato da un punto all’altro di essa. Sembrava che quella presenza fosse ingombrante, indesiderata. Eppure di bene, specialmente al popolo di Lacco Ameno, ne aveva fatto tantissimo! Una sola persona fra tutti gli abitanti del paese, mi raccontava don Pietro, una volta all’anno faceva dire una messa in suffragio dell’anima di Angelo Rizzoli: Domenico Scotti!

La morte del Comm. Angelo Rizzoli

Alla morte del vecchio Comm. Angelo Rizzoli che, grazie al fiuto per gli affari, aveva accumulato una ricchezza immensa nel giro di pochi anni, andò tutto in rovina. La sfortuna è stata quella di non aver creato un “delfino” che avrebbe potuto governare in seguito l’immenso patrimonio. Il figlio Andrea, che lo stesso genitore non considerava portato per il mondo degli affari, era tenuto in una gabbia dorata in Costa Azzurra. Alla morte del padre, Andrea volle realizzare il sogno di acquistare il maggiore quotidiano nazionale: Il Corriere della Sera. Prima lui, poi il figlio Angelo detto “Angelone” per la sua mole, a digiuno del mondo degli affari, portarono al disfacimento la fortuna accumulata dal nonno. Non sto ad elencare i vari personaggi che orbitavano accanto ai discendenti Rizzoli: i più conosciuti appartenevano alla P2 di Licio Gelli, alla finanza vaticana, al Banco Ambrosiano di Calvi.Anche il “pacchetto Ischia” seguì le disavventure della famiglia.Il complesso alberghiero con gli annessi stabilimenti termali passò attraverso molteplici gestioni fra alti e bassi: da “Gero del Midas di Roma” alla CIGA Hotels, da Cultrera alla CABAL fino allo sgretolamento completo. In seguito per bancarotta, il nipote preferito dal Commendatore finì nelle patrie galere per 13 mesi.

La ricetta del coniglio all’ischitana.

La ricetta del coniglio all’ischitana varia da paese a paese nell’isola. Mi limito a descrivere la ricetta base di un vecchio chef di cucina, Giovanni Iacono di Villa Svizzera, maestro dal cui insegnamento sono venuti fuori il fior fiore dei cuochi ischitani. Il coniglio veniva macellato la sera prima. Liberato dalle interiora, veniva recuperato l’intestino inciso, pulito e messo a macerare in acqua e limone con una spruzzatina di aceto bianco di vino e sale. Lo stesso trattamento era eseguito per la milza mentre il fegato veniva liberato dalla sacchetta del fiele. Il coniglio poi, lavato accuratamente sotto l’acqua corrente e lasciato sgocciolare e frollare per una notte intera, veniva adagiato sul rubinetto del lavandino. Il giorno seguente al momento della cottura veniva tagliato in più pezzi. Oggigiorno, purtroppo, quando si compra l’erbivoro, le interiora non le trovi a meno che non si conosce un contadino di fiducia. Al supermercato o in macelleria lo si acquista già confezionato, tagliato a piccoli pezzi che vanno lavati ed asciugati con un panno. A Ischia il coniglio è di taglia media, in genere non supera il kg e mezzo pulito. Per cuocerlo si può usare una padella, anticamente si usava il coccio: per prima si adagiano poco per volta tutti i pezzi e si lasciano imbiondire nell’olio extra vergine di oliva, una volta indorati si estraggono, asciugati dall’olio. Nel frattempo si versa del nuovo olio extra vergine in una padella o coccio, una “capa d’aglio” sciolta a spicchi, del peperoncino e l’erba “pipernella”, assieme ai pezzi “rosolati” in precedenza, sale quanto basta. Si attende che l’olio inizi a friggere e si versa un bel bicchiere colmo di vino bianco secco lasciando cuocere a fuoco lento per circa un’ora, coperto. A questo punto si aggiunge il fegato, l’intestino che è stato avvolto intorno a un ciuffo di prezzemolo e la milza.Ci sono varianti se si pensa di usare il sugo di coniglio per condire i bucatini. Allora inizialmente si versa un po’ più d’olio e si aggiunge al tutto una decina di pomodori di “piennul” allungando leggermente con un po’ d’acqua di pasta. Mia suocera usava incidere i pezzi più grandi e riempirli di maggiorana e pipernella coltivate nei vasi che ornavano i terrazzi della casa. Da piccolo con le mie sorelle facevamo la gara a chi rubava prima dal coccio “le palline” (i reni) e l’intestino che erano delle ghiottonerie, per non parlare della milza che era la più “rosicarella”! www.peppinodesiano.it

Le case nel tufo verde

Molti fanno risalire la presenza dei conigli a tempi remoti sull’isola d’Ischia. I “vecchi” di Mezzavia raccontavano che nei secoli passati la popolazione dell’isola viveva maggiormente di agricoltura e pesca. A causa delle innumerevoli incursioni dei Turchi e corsari vari, la popolazione si rifugiava nelle famose torri, la presenza di esse testimonia ancora oggi tali aggressioni. Altri isolani trovavano riparo in grotte o case di tufo sui versanti del monte Epomeo difficili da raggiungere, dove rimanevano per lungo tempo. Per sopravvivere creavano delle fosse larghe e profonde dove lasciavano crescere i conigli. Questi a loro volta scavavano delle tane nei fianchi delle fosse e si moltiplicavano copiosamente. Così con il loro allevamento era assicurata la sopravvivenza agli abitanti in modo silenzioso e senza attirare l’attenzione. Da qui nasce la tradizione del famoso coniglio all’ischitana. www.peppinodesiano.it

Dott.ssa Ilda Boccassini, all’epoca magistrato simbolo della Procura di Milano

Mi ricordo, sempre a seguito del mio volontariato all’ospedale Rizzoli di Lacco Ameno,  di una signora tedesca che, a seguito a una caduta per la strada, rimase per parecchio tempo in ospedale. Fu assistita da alcune signore che avevano parenti ricoverati. L’adottarono e l’accudivano in tutti i sensi lavandole persino la biancheria.

Capitava anche che c’erano più pazienti da imboccare e non la si faceva a soddisfare tutte le esigenze contemporaneamente.

 

Non dimentico mai l’umiltà della Dott.ssa Ilda Boccassini, all’epoca magistrato simbolo della Procura di Milano. Vedendo che non riuscivo a soddisfare le richieste dei pazienti, dopo avere sistemato la propria madre che era ricoverata all’ospedale Rizzoli (in sala comune), mi raggiunse e cominciò anche lei ad imboccare gli altri ricoverati.

 

Un’altra scena che mi è rimasta impressa nella mente fu quella di un signore (forse di  Barano) che invocava fortemente il nome della moglie pregando che la facessero entrare. Quando aprirono le porte la signora entrò, raggiunse il letto del marito che si calmò e spirò serenamente fra le braccia della moglie.

Gli episodi sono tanti. Per me è stato uno dei periodi più formativi dell’esistenza, è stata un’esperienza molto appagante. Ho scoperto che ci vuole poco per fare qualcosa per gli altri e alla fine comprendi di aver ricevuto più di quanto dato.  www.peppinodesiano.it

Volontariato AVO

Qualche anno fa mi trovai ad assistere un mio congiunto in un ospedale del Nord. L’intervento riuscì nel migliore dei modi ma la guarigione definitiva aveva i suoi tempi. Mentre assistevo il mio parente, a una certa ora del giorno passava una coppia di volontari che offriva del tè caldo. Quell’azione anche se minima fu di grande effetto su di me. Il gesto mi portò a riflettere su quanti malcapitati turisti trascorrono le loro vacanze sulla nostra isola e a volte sono vittime di un incidente. Devono interrompere la vacanza per passare un periodo di cure in ospedale abbandonati a se stessi. Normalmente, se sono stranieri, c’è il capogruppo che li segue e il disagio è minore. Tanti turisti arrivano avendo prenotato per conto proprio senza agenzia viaggi e gli imprevisti sono molteplici: disagio enorme a causa della lingua e abitudini diverse.

Una volta sull’isola, compatibilmente con i  miei impegni, mi adoperai per prestare la mia collaborazione all’ospedale Anna Rizzoli. Dedicavo  un paio d’ore a settimana ad assistere, specialmente durante il periodo estivo, gli stranieri. E’ impensabile che in una stazione turistica non ci sia personale che faccia da interprete in un ospedale. Così entrai a far parte dell’AVO. Dopo un corso di formazione entrai nell’organico di questa meritevole associazione. L’esperienza è stata per me molto ricca di spaccati di vita

sconosciuti fino ad allora. La sofferenza, il dolore, la perdita di una persona cara sono cose che vivi in continuazione in un nosocomio.

Il primo giorno di volontariato mi capitò di dare da mangiare ad una persona anziana i cui parenti non potevano essere presenti al momento dei pasti. Rimasi molto contento per essere stato utile. Quando entrai in macchina ero così assorbito dall’accaduto che mi distrassi e urtai col paraurti anteriori un’altra macchina che si era fermata all’improvviso davanti a me. Il botto fu talmente forte che uscirono commessi e clienti dai negozi circostanti. La cosa buffa fu che centrai alla perfezione il paraurti  tanto da non causare alcun danno con meraviglia mia, del conducente e degli spettatori.

Luigi Monti “u tap”

Giovanissimo lavoravo, con mia sorella Tita, al bar del “Capitello”. Assistevamo ad aneddoti idilliaci con Luigi “il tappo” che giovanissimo prestava servizio insieme a Peppino Monti “a pacchian” al ristorante la “Buattella” appartenuto a suo zio Mario. Tutte le mattine i due dovevano pulire chili e chili di cozze e altri pesci freschi che poi venivano serviti al ristorante. Si sistemavano fra gli scogli sottostanti lo stabilimento balneare per il rito quotidiano e subito si formava un capanello di persone per assistere ai duetti. Luigi era molto divertente e metteva in croce Peppino nascondendogli le varie forbici, coltelli e altri attrezzi che servivano per pulire i pesci. Avvenivano fra i due delle scene comiche indimenticabili. Descrivere gli episodi divertenti di Luigi riempirebbero pagine e pagine di storia locale. Ne riporto qualcuno che rappresenta un po’ la sua personalità: era d’estate e andò a fare il bagno al “Vagnitiello”, nel gruppo c’era anche Giggione, un amico, simpatico e parecchio in carne. Una volta sul posto Luigi consigliò all’amico di distentersi in una piscina tipo Jacuzzi dove poteva fare il suo bagno in completo relax indisturbato. Per andare a mare avrebbe dovuto fare delle scale e quindi optò per la piscina. Giggione, una volta sceso in acqua, si trovò subito a suo agio, ci provò gusto e si addormentò come un angioletto ben pasciuto mentre gli altri amici erano fra saune ed altre piscine. Luigi pensò bene di andare dal suo amico proprietario della struttura e far defluire via lentamente l’acqua in cui si rilassava Gigiotto. Questi all’improvviso si trovò all’asciutto con grande difficoltà per uscire dalla piscina data la sua mole e gli schiamazzi delle comitiva. Non parliamo delle cene nella sua casa di Casamonte dove i partecipanti erano sempre numerosi. Capitava che qualcuno chiedesse di non mettere peperoncino nel condimento e Luigi puntualmente all’insaputa del malcapitato faceva riempire la pietanza di peperoncino con il massimo divertimento di tutti i partecipanti che si gustavano lo spettacolo! Luigi già da piccolo si distinse per la sua intelligenza e verve. Subito si affermò come leader fra i suoi coetanei. Oltre ad essere un esponente politico di rilievo ebbe un fiuto particolare per gli affari. Divenne il più grande imprenditore edile del paese, fra i più importanti dell’intera isola d’Ischia. www.peppinodesiano.it

La maestra “Luisina” Cacciutto

La mia esperienza scolastica è stata caratterizzata da alti e bassi. Mi limito solamente a quello che è stato il mio percorso.La mia esperienza da piccolo è stata bellissima con Suor Gigliola che ci ha accompagnati come una sorella maggiore fino al compimento del quinto anno di età. Di poi ho iniziato le scuole elementari che sono state traumatiche come anche per la maggior parte dei miei coetanei dell’epoca: le classi erano formate da molti ripetenti che facevano le classi a due a due. A differenza di oggi, gli insegnanti, a parte qualche eccezione, non erano motivati, si assentavano spessissimo dalle classi perché presi da altri interessi. Non nascondo che tante volte ho avuto il sospetto che fosse una scelta politica: lasciare la popolazione nell’ignoranza. Lacco Ameno a quell’epoca, a differenza degli altri paesi dell’isola, era quello che aveva meno laureati.Per accedere alle scuole “Medie” si doveva sostenere un esame d’ammissione mentre per quelle cosiddette di “Avviamento” si veniva ammessi automaticamente dopo la quinta elementare.Il lavoro enorme veniva svolto dalla maestra “privata” Luisa Cacciutto “Luisina” che preparava la maggior parte dei ragazzi che volevano frequentare le medie. In pochi mesi doveva insegnare a noi ragazzi nozioni di base e inculcarci quello che altri docenti non avevano svolto. Il sacrificio era enorme per lei che doveva compiere il miracolo e noi ragazzini impegnarci in uno sforzo sovrumano. Senza dubbio per me la Maestra Luisa è stata fra le persone che hanno contribuito maggiormente alla mia crescita e questo anche per tante generazioni di ragazzi di quell’epoca! www.peppinodesiano.it

I gatti del “Fungo”

Il mare ha suscitato sempre la mia grande attrazione. Finalmente potevo vedere indisturbatamente la pesca a sciabica praticata dai pescatori di Mezzavia. Dal balcone potevo controllare, addirittura prima dei pescatori, se nel sacco della rete c’erano pesci. Sulla spiaggia tutti aspettavano l’arrivo della rete per assicurarsi una frittura fresca di giornata oppure qualche “perchia” da lessare per persone malate o per bambini. Anche i gatti aspettavano la loro razione di “guarracini” che nessuno comperava a causa delle numerose spine. www.peppinodesiano.it