Le nostre domeniche spensierate

Lacco Ameno ha sempre offerto, pur essendo un paese di pochi abitanti, una percentuale alta di calciatori di spessore, qualcuno assurto a livello nazionale. Io penso che la morfologia del luogo giochi un ruolo importante nella formazione della personalità dei suoi abitanti. Sicuramente un elemento significativo l’ha avuto piazza Santa Restituta, che si trova nel centro del paese, ampia e indisturbata dove i ragazzi potevano trascorrere ore intere a giocare a pallone, senza intralcio alcuno. Era facile trovare in piazza don Pietro Monti giocare a pallone coi suoi nipoti Pietro, Ciro, Nino e Raffaele che facevano parte, in tempi differenti, della squadra di calcio del paese. Lo stesso vale per il grande Peppe Billone Monti, il cui nonno, Giuseppe, è stato un indimenticabile protagonista del glorioso calcio lacchese. Prima di lui, lo zio Mario Monti era stato una vera eccellenza dello sport isolano. Tutti grandi calciatori che hanno dato tantissimo lustro al calcio lacchese e isolano. E ancora, Vittorio De Siano, il cui genitore (Filippo) è stato precursore del calcio locale per arrivare poi ad Abramo De Siano, fratello di Vittorio, che ha giocato in continente col prestigioso Cirio. Sempre dall’Ortola sono venuti fuori Masino Castaldi con l’ecclettico fratello Raffaele e, in tempi recenti, il nipote Giovanni Martusciello, intelligente e prezioso, ha militato in seria A ed è ancora nel calcio. Senza dimenticare il possente Giuseppe Monti (‘a pacchian). Ancora dallo stesso vivaio sono usciti Michele Patalano e il figlio Salvatore; da non dimenticare il flemmatico “Alfred a Malonn” che, in mezzo al campo, oltre che simpatia sprizzava energia. Sicuramente ci sono altri giocatori prestigiosi del rione Ortola che grazie alla piazza hanno fatto i primi passi, mi scuso se non li ho ricordati. Senz’ombra di dubbio il paesino di Lacco Ameno è stata una feconda fucina di validi calciatori di alto livello.A fine anni ‘50 il Commendatore Rizzoli regalò alla comunità di Forio e Lacco Ameno un campo sportivo in località Scentone a Forio. Fino a quel momento l’unico esistente era a Ischia Porto ed era insufficiente per ospitare gli incontri delle squadre di calcio dell’isola.Ogni domenica, appena dopo mangiato, noi ragazzi di Lacco in gruppo ci recavamo a piedi a Forio per assistere agli incontri della squadra locale con le altre dell’isola e della terraferma, ormai il “Lacco” era in seconda divisione. Percorrevamo la strada provinciale che da Lacco porta a Forio e all’altezza di San Montano ci arrampicavamo per un irto sentiero fin su le stufe di San Lorenzo, dove poi in seguito è stata costruita la villa di Carla Boni. Da lì proseguivamo sempre a piedi. Arrivati a Cavallaro prendevamo la strada antica che sbucava sulla larga curva dello Scentone, da lì a poco arrivavamo a destinazione al campo sportivo tutto nuovo. Quanti scherzi e sfottò per la strada. Le partite erano sempre bellicose specialmente in occasioni di derby. Il campo sportivo era il posto ideale dove ognuno poteva sfogarsi con bestemmie e lazzi contro l’arbitro e i giocatori avversari. A fine partita si faceva ritorno, euforici, sempre a piedi, verso Lacco Ameno. Era difficile fare autostop perché di auto a disposizione ce n’erano poche e per noi ragazzi era difficile trovare un posto sul camioncino dell’immondizia di Ciccill u Macone che era riservato al pubblico di tifosi adulti e anziani. Il bus aveva un costo, avevamo i soldi contati noi studenti, quei pochi spiccioli ci servivano per andare a cinema, la sera, a Casamicciola. Il cinema Italia era l’unica sala cinematografica presente fra Lacco e Casamicciola. D’estate c’era il cinema all’aperto dove si trova oggi l’attuale supermercato DOC a Lacco Ameno.Ogni domenica per avere l’autorizzazione da mia madre (mio padre navigava) di andare a cinema dovevo mentire dicendo che a Casamicciola davano un film di storia o di religione. Molte volte erano colossal tipo Quo vadis?, La tunica, Ben-Hur, i Dieci Comandamenti, Cleopatra. Dopo quest’epoca iniziarono gli spaghetti western con le bellissime musiche di Ennio Morricone. La sala cinematografica di Casamicciola si può dire che era avveniristica. Aveva un loggione al piano superiore che costava di più e una sala al piano terra. La meraviglia era rappresentata dal tetto che era apribile. Siccome il cinema era sempre pieno, noi andavamo al secondo spettacolo. A quell’epoca era ammesso fumare nei locali e quindi tutti fumavano, anche noi ragazzini iniziavamo le prime esperienze di fumo e il film lo si vedeva attraverso una cortina. Quando nell’intervallo aprivano il tetto, una colonna di fumo si levava al cielo, visto da lontano sembrava un vulcano in piena eruzione. D’inverno capitava che piovesse all’improvviso e la pioggia entrava nella sala. Tutti a scappare ai lati, vicino alle pareti, con grida e fischi da parte degli astanti. Il pubblico che frequentava la sala al piano terra era molto rumoroso, spontaneo e pittoresco. Molto spesso, specialmente di domenica, c’era grossa affluenza e un gran numero di persone restava in piedi. Questo era il momento magico per i “rattusi” che, con tattica e savoir-faire, sceglievano la ragazza che forse conoscevano già e iniziavano gli strofinamenti. Ogni tanto la pellicola si spezzava e si levavano grida e fischi di protesta verso l’operatore. Capitava anche che a volte il suono del film non coprisse i gemiti oppure che l’uomo, in preda al raptus dell’eccitamento, alzava la ragazza da terra con grida di pura follia erotica. Il buio della sala manteneva l’anonimato. Dopo lo spettacolo, tra commenti della partita di calcio e del film si faceva ritorno a casa, sempre a piedi aspettando un’altra domenica!

I ragazzi delle rione Ortola

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Pubblico con piacere questa foto per testimoniare un momento felice dei ragazzini del rione Ortola, come dice giustamente Annamaria Geladas, nel sito della Pro Loco di Lacco Ameno, oggi sono nonni.

“Buongiorno Peppino io sono la figlia di Castaldi Filippo in questa foto ci sono quei ragazzini di cui hai raccontato questa triste storia .Vittorio è il numero 3 . Mio padre ci ha raccontato questa storia sin da piccole, lui racconta che la signora si fece fare x loro delle magliette a righe come i pirati e che li portava in motoscafo fino a sant angelo .la signora li trattava benissimo e gli faceva tanti regali .Fino alla tragedia di quel giorno loro erano felicissimi “.

I ragazzi del rione Ortola

Come il commendatore Angelo Rizzoli rimase affascinato dalla bellezza dei luoghi dell’isola d’Ischia anche gli ospiti che frequentavano l’Albergo della Regina Isabella ne furono conquistati. Era il 1956 l’albergo aveva appena aperto, una martellante campagna pubblicitaria aveva anticipato l’apertura. Arrivarono facoltosi personaggi da tutti gli angoli del globo. Molti furono letteralmente avvinti dalla efficacia dei bagni termali e dei vari trattamenti all’avanguardia per l’epoca. Non c’era niente di più convincente dei benefici riscontrati direttamente. Molti clienti tornavano più volte durante l’anno per periodi lunghi, la maggior parte di essi chiedeva la camera vista mare per ammirare il Golfo di Napoli con il Vesuvio sullo sfondo. La veduta si estendeva dalla costa domiziana passando per Cuma, Miseno con Pozzuoli e altri luoghi storici cari ad Omero e Virgilio. Il silenzio era totale, interrotto solo dal vociare dei pescatori che riparavano le reti sulla spiaggia adiacente l’albergo. Oltre la vista mare, l’albergo offriva anche camere con balcone con veduta sulla piazza Santa Restituta e il monte Epomeo. Questo tipo di sistemazione piaceva moltissimo ad una cliente che veniva dal Nord Italia. Dopo i trattamenti termali si piazzava al sole, fuori al balcone e osservava quella moltitudine di ragazzi vivacissimi che si rincorrevano festosi, si azzuffavano, giocavano con una palla o facevano tanti altri giochi mai silenziosi. Lo spazio nell’agglomerato delle baracche del rione Ortola era ristretto, se c’era una piazzola era riservata ad asciugare il bucato. Piazza Santa Restituta era lo sfogo naturale del rione, allora molto popoloso: ogni famiglia era composta da genitori, nonni e da tantissimi figli. Era un luogo sicuro, non c’erano auto e anche gli adulti giocavano a bocce con le “palle di legno” sulla strada che circondava la piazza. La signora osservava i ragazzi da lontano poi, presa dalla voglia di conoscerli, incominciò a frequentarli scendendo anche lei in piazza e iniziò a chiamarli per nome. Molti ragazzi vestivano coi pochi straccetti che la famiglia poteva permettersi e a molti di loro la turista regalò magliette nuove e scarpe da ginnastica “Superga” che all’epoca andavano di moda. I ragazzi per non sporcarle le calzavano solo la domenica oppure durante i giorni di festa. La signora si sentiva a suo agio coi ragazzi ed era molto felice di stare in loro compagnia, li coccolava, li accarezzava. Si affezionò in particolar modo ad uno di essi: Vittorio di 8/9 anni, capelli castani e occhi verdi dolci e penetranti. Era il più piccolo della famiglia, padre pescatore come la maggior parte degli uomini del rione. Durante la sua permanenza lacchese la signora più volte portò una decina di ragazzini su un motoscafo “Riva”, appositamente noleggiato, a gustare un gelato al bar Cocò Gelo a Ischia Ponte. La sorpresa e la gioia dei ragazzi erano indescrivibili. Essere scorrazzati tutti assieme su uno dei velocissimi motoscafi che avevano osservato con ammirazione dalla spiaggia dove facevano il bagno era inimmaginabile .La benefattrice era soddisfatta nel vedere quei visi sorridenti. Un giorno fece una sorpresa, che ancora oggi viene ricordata in paese, ai suoi piccoli amici: mentre erano intenti a giocare in mezzo alla piazza arrivò un furgone di un giallo sgargiante da dove scese un signore grosso e muscoloso che sembrava braccia di ferro. Gli mancava solo la pipa, dietro di lui apparve la cliente del Regina Isabella. Il furgone aveva un carico prezioso: biciclette della Legnano, la casa produttrice di cui la signora era proprietaria. Nel giro di poco tempo il nostro “braccio di ferro” assemblò 10 nuovissime e luccicanti biciclette coi nomi dei ragazzi appiccicato sulla sella. Le grida di gioia attirarono l’attenzione delle donne e degli altri bambini del rione che accorsero festanti. Anche Vittorio ebbe la sua bici ma non arrivava a sedersi. Ormai il gruppetto di ragazzi era legato svisceratamente alla benefattrice e ogni giorno l’aspettavano per invitarla a raggiungerli in piazza. Nello slargo che divide lo stabilimento termale dalla torre dell’orologio si stava procedendo al completamento di un lavoro di normale manutenzione. Vittorio e i suoi amici s’erano arrampicati lungo le pendici della collina di Montevico per raccogliere profumate ginestre per un piccolo omaggio alla signora. Ne avevano raccolto una grande quantità insieme ad altri colorati fiori spontanei. Tutti insieme eccitati e rumorosi aspettavano l’ospite in prossimità della boutique “El Prado”. Vittorio e i suoi amici erano intenti a preparare il bouquet. Mentre si spingevano e si rincorrevano, un camion carico di pietre, fermo, a motore acceso, senza guidatore, iniziò a scendere improvvisamente. La signora, che usciva dall’albergo felice di incontrare i ragazzini, vide per prima il camion muoversi. Intuì la sciagura che stava per consumarsi. Gridò disperatamente per avvisare i ragazzi di scappare ma il rumore assordante del camion copriva le sue grida. Il gruppo dei ragazzini riuscì a scappare solo Vittorio, girato di spalle, non si accorse del pericolo. La tragedia si consumò in pochi secondi: Vittorio rimase letteralmente schiacciato su un tappeto di ginestre e fiori di campo!www.peppinodesiano.it

E’ carnevale e ogni scherzo vale!!!

Il Carnevale della nostra infanzia era molto semplice e divertente. Consisteva nel travestirsi con qualche “petaccia” vecchia che in famiglia non veniva più utilizzata, oppure con qualche lenzuolo malconcio o vestito dismesso. Per truccarci si adoperava un tappo di sughero bruciato sulla fiamma di una candela. Era l’ideale per disegnare baffi e barba. In seguito, alcuni dei miei amici di sempre, la sera d’inverno, si riunivano per una partitella a carte al bar Florenzo. Ormai ero all’estero, in giro per l’Europa. “I nostri quattro amici al bar”, stanchi della monotonia di serate tutte eguali, incominciarono a fantasticare per cercare di movimentare un poco la vita del dormiente paesino di Lacco Ameno. Decisero, quasi per gioco, di organizzare una memorabile festa di Carnevale. L’idea piacque al dinamico Giannino Monti, frequentatore del bar che, quando c’era da realizzare qualcosa, era sempre in prima linea. Un vento nuovo soffiava su Lacco Ameno e il resto dell’isola: c’era un grosso fermento artistico e sportivo. Rizzoli aveva regalato un campo sportivo a Forio. Nacquero club sportivi in tutta l’isola. Si formavano nuove compagnie teatrali. Ragazzi spinti dalla moda del momento creavano gruppi musicali. Il comm. Angelo Rizzoli fece arrivare un maestro di musica. Nei locali vicino al garage del Regina Isabella si raccoglievano iscrizioni per chi volesse imparare, gratuitamente, a suonare uno strumento musicale e far parte della banda locale. Ormai i tempi erano maturi e l’intraprendente organizzatore Giannino Monti, collaborato dai giovani, s’impegnarono intorno al progetto. Realizzarono un Carnevale memorabile nella piazza di Lacco Ameno con carri allegorici che arrivavano da tutta l’isola. Presidente del comitato organizzativo era il Principe Pignatelli che faceva parte dell’entourage del Commendatore Rizzoli. Fu solo l’inizio, ce ne furono ancora tanti con grosso successo d’affluenza di pubblico! La comunità partecipò tutta a realizzare con entusiasmo i carri. La manifestazione ebbe uno stop forzato a causa dello scoppio della “guerra del Golfo”. Ricordo quel periodo perché ero il presidente del comitato per l’organizzazione della festa. Quell’anno, anziché i carri, si videro elicotteri da guerra sorvolare lo “Scoglio”. Gli scaffali dei supermercati si svuotarono per la paura di un conflitto, con grossa soddisfazione dei negozianti che assistettero compiaciuti all’esaurimento veloce di tutte le scorte. Differente dal carnevale di Lacco era quello di Forio che si teneva nel rione di Monterone. Se quello di Lacco era rivolto alla competizione e creatività e ricercatezza delle maschere, quello di Monterone era più verace, più spontaneo. Questo rione era il più colorito e genuino del comune di Forio. Era popolato da contadini e braccianti che per un giorno dell’anno erano i protagonisti: “Una volta all’anno si può impazzire” dicevano i Latini !Un pupazzo con un grosso cappello a cilindro nero veniva portato in processione da Monterone fino alla piazza della sede municipale, al Soccorso. Il corteo era formato da maschere e una sgangherata banda musicale dotata di strumenti improvvisati: bidoni di latta, coperchi, “scetavajasse”, “putipù” e “triccheballacche”. Il corteo era accompagnato da un pubblico di maschere con costumi raffazzonati: spiccavano uomini travestiti da donne con seni trasbordanti e sederi giganteschi che abbordavano le persone più discrete e schive assalendole con proposte indecenti. Masnade di giovinastri si rincorrevano e si bastonavano per aver ricevuto insulti e appellativi irripetibili.La folla si scatenava perché era tutto consentito!Dopo il giro per le strade principali del paese, il corteo ritornava nella piazzetta di Monterone dove fra imprecazioni, canti e schiamazzi dei partecipanti veniva dato luogo alle gare fra i convenuti. Le più divertenti erano quelle che premiavano chi mangiava, senza l’aiuto delle mani, più polpette insaporite con abbondante salsa di pomodoro. Il Professore Luigi Polito recitava le sue “gags” in dialetto foriano, applaudito dalle risate degli astanti. In altre postazioni c’erano i divoratori di spaghetti che, sempre con le mani tenute dietro la schiena, dovevano mangiare la pasta che galleggiava nella salsa rossa. Era divertimento puro sia per il pubblico che per i concorrenti che diventavano rossi per il viso imbrattato di salsa. Si scommetteva sul vincitore da una folla euforica. Alla fine della serata veniva bruciato il pupazzo con le faville che volavano per la piazza e nelle parrucche degli astanti. Il fuoco e l’allegria avevano riscaldato gli animi della compagnia. Il vino scorreva a fiumi e l’eccitazione e lo spasso erano assicurati: tutti paghi per un anno intero! Il giorno dopo Carnevale si appendeva fuori ad ogni balcone un pupazzo simboleggiante “Quaraiesima” con una patata all’estremità inferiore in cui erano infilate sette penne di gallina. Le penne indicavano le sette settimane di penitenza prima dell’avvento della Santa Pasqua!

“Una ne fa e cento ne pensa”

Ciccillo come si usa dire “una ne faceva e cento ne pensava”. Difatti era più forte di lui, mentre realizzava una cosa ne pensava già altre. A tempo perso aggiustava anche le biciclette e altri mezzi a due ruote. Davanti alla sua officina c’erano ragazzi che arrivavano da tutti i rioni di Lacco ma anche da Casamicciola, era un laboratorio aperto a tutti. Si realizzavano biciclette con pezzi assemblati. Con le ruote ormai inutilizzabili delle biciclette si ricavavano i “cerchioni” che venivano riciclati per giocarci. Ciccill aveva ideato un’asticella per guidare, controllare e fermarli al momento desiderato. Con questi residui si organizzavano gare fra gruppi di ragazzi dei rioni del paese. Con le camere d’aria che erano “nguttate” (deformate) e piene di buchi, la parte buona veniva tagliata a strisce e applicate vicino ad un ramo a forma di V, legate, ottime per creare una fionda. C’erano ragazzi con una mira formidabile abili a catturare gli uccelli in volo. Come detto Ciccill era presente in tutti gli ambienti del paese, fu eletto Priore della Chiesa di Sant’Anna. La cupola della chiesa era vecchia e incominciava a filtrare acqua piovana, aveva bisogno urgentemente di un intervento. Così i confratelli decisero d’intervenire con lavori di manutenzione. Qualcuno del vicinato avvisò il comando dei carabinieri di Casamicciola di recarsi urgentemente sul luogo dove si stava realizzando una sopraelevazione sulla chiesa. Le forze dell’ordine tempestivamente intervennero per prevenire l’abuso edilizio. Arrivati sul posto, trovarono dei manovali che lavoravano intorno alla cupola. Il comandante chiese del responsabile così si presentò Ciccillo che con tutta calma, alla domanda di chi avesse commissionato l’intervento, accompagnò il comandante in Chiesa davanti al Crocifisso e tomo tomo rispose: “Brigadiè, è stat iss, già è stat mis ngroce na vot, si è colpevole pigliatavill!” Con la sua calma e umorismo scongiurò il sequestro del cantiere!Don Pasquale Mattera celebrava messa nella chiesa della Madonna dell’Assunta a Lacco di sopra. Era stimato e benvoluto dagli abitanti della zona. Organizzava parecchi pellegrinaggi insieme ad altri preti dell’isola per vari santuari d’Italia. Un inverno portò la sua comunità a far visita a Sant’Antonio di Padova. Ciccillo devoto del Santo si unì al gruppo. Gran parte dei partecipanti non s’erano mai spinti oltre i confini della Campania. Ciccill, dopo aver trascorso una notte a Padova, suggerì a don Pasquale di far rotta su Venezia che distava poche ore di bus. Era un’occasione d’oro, molti dei suoi compaesani non erano mai stati nella città lagunare e un’altra occasione non l’avrebbero più avuta. Si impegnò di versare lui la differenza del costo. E’ inutile descrivere la meraviglia dei pellegrini al vedere da vicino quella fantastica e rinomata città galleggiante piena di opere d’arte. Tutti vollero visitare il ponte dei Sospiri che dava il titolo ad un film in cui aveva recitato un loro compaesano, Eduardo Ciannelli, che li aveva incantati per la sua interpretazione e loro ne andavano molto fieri. Ciccillo rimase impressionato non solo dalla magnificenza degli edifici ma anche dai colombi che popolavano piazza San Marco; si avvicinavano così facilmente ai visitatori, alla ricerca di cibo. Subito pensò che gli stessi sarebbero stati un’attrazione per i turisti ma anche per la popolazione di Lacco Ameno. Fra i tanti incarichi nell’ambito comunale, a lui era affidata la manutenzione dell’orologio inserito nella torre che domina piazza Santa Restituta. Detto fatto, Ciccill arrivato a Lacco si adoperò per arricchire la piazza principale del paese con delle coppie di colombi. All’inizio trovò delle difficoltà perché i volatili erano oggetto di desiderio per alcuni che li trovavano ideali per farne brodo o cucinarli al forno con cipolle e patate. Mai vista tanta ricchezza a portata di mano! Altri paesani li catturavano per crescerli direttamente. Col tempo, gli abitanti del posto lasciarono in pace i colombi anzi a un certo momento essi diventarono così numerosi da rappresentare un problema per gli arredi urbani. I volatili si affezionarono alla persona di Ciccillo perché li accudiva fin da piccolissimi. Il pane duro invenduto nei negozi di due dei suoi fratelli veniva ammorbidito in acqua o nel latte e con esso nutriva i suoi colombi che erano annidati in uno spazio a loro riservato sopra la torre dell’orologio. Anche gli uccelli riconoscevano la sua figura da lontano. Come lo vedevano apparire in piazza, a frotte lo circondavano e lui sorridente e fiero li salutava uno per uno chiamandoli per nome!