
Al mio arrivo all’Intercontinental di Hannover fui sorpreso per i numerosi cartelli colorati che invitavano il personale ad essere cordiali coi clienti:
Smile at the hotel guests
Be nice to hotel guests
Lächle die Hotelgäste an
Seien Sie nett zu Hotelgästen ed altri.
Queste frasi erano inconcepibili per me data la nostra cultura. Nemmeno all’Intercontinental di Ginevra, che apparteneva alla stessa compagnia, avevo visto dei cartelli simili .In Germania, anche se si stava bene, l’atmosfera lavorativa era più distaccata, fare gruppo coi colleghi era difficile, l’atmosfera la si creava solamente intorno a un bicchiere di birra. Queste esortazioni le trovavo un po’ lontane dalla mia mentalità. Forse perché noi Italiani siamo più aperti, più disponibili all’amicizia e questi cartelloni li sentivo come una forzatura. Non si può chiedere a qualcuno di sorridere quando poi quella persona in cuor suo non si sente di farlo, è una questione di mentalità, modo di essere. Fatto sta che ogni anno quando si aprivano gli scatoloni, dove erano raccolte le preferenze dei clienti, il reparto che riceveva più riscontri positivi era quello che aveva più personale italiano. La catena dell’albergo era americana, apparteneva alla compagnia aerea PANAM, e tutto il sistema organizzativo era all’americana. Siamo agli inizi anni ’70. Il lavoro di cassa era molto complicato e richiedeva parecchio impegno. Molto spesso le partenze degli ospiti avvenivano alla stessa ora e c’erano file interminabili al banco. Ad operare eravamo solo due cassieri contro 200 partenze che avvenivano nello stesso spazio di tempo. Alcuni ospiti pagavano con carta di credito, mentre tantissimi in contanti. Capitava che lo stesso conto venisse saldato con valute differenti e il calcolo richiedeva più tempo e gli ospiti in fila si spazientivano. Tante volte al momento di maggiore affluenza alle casse, la posta pneumatica con cui i reparti (room service ai piani, la brasserie ecc.) spedivano i buoni d’addebito chiusi in bussolotti di metallo andava in tilt. Le cartucce si scontravano fra di loro lungo il percorso e non arrivavano in tempo alla cassa. Allora si veniva chiamati col telefono interno dove puntualmente si accavallavano le voci appartenute ai camerieri, non si capiva niente. In più si dovevano calcolare gli scatti telefonici dal telefono usato dalla stanza d’albergo. Un lavoro da pazzi! Come ultima operazione, prima di presentare il conto al cliente si doveva scorporare anche l’IVA dal conto, un vero stress! C’erano riunioni (meeting) mensili fra reparti per migliorare il rapporto di lavoro. In genere succedevano attriti fra colleghi che lavoravano gomito a gomito oppure fra reparti che operavano a stretto contatto. Questi incontri (meeting) avvenivano alla presenza dei capireparto e servivano a smussare i malintesi fra colleghi e reparti. Ho sempre pensato che il lavoro d’albergo, specialmente per quel che riguarda il rapporto col pubblico, agli Italiani riesce meglio. Questo avveniva in Germania. A Ischia invece il lavoro d’albergo era molto appagante. L’atmosfera fra i reparti era armoniosa e di grande professionalità, non mancavano discussioni seguite da incontri chiarificatori. C’era grande competenza e intesa fra la Direzione Generale e i quadri dirigenziali. Il personale era altamente specializzato, il grosso dei direttori e responsabili dei servizi in tutta l’isola d’Ischia provenivano dal continente, sia negli alberghi che negli stabilimenti termali. Negli anni trascorsi come direttore a Villa Svizzera, al Fungo e al Reginella, ho avuto la fortuna di avere come collaboratori persone molto più anziane di me con una esperienza lunghissima nel settore. Citarli tutti sarebbe un grosso lavoro, ma sicuramente quello che porto sempre nei miei ricordi è Nunzio Mattera. Era chef di cucina, molto particolare, professionale, calmo e fantasioso. La sua cucina era internazionale ma dava spazio maggiormente alla cucina tipica partenopea. La cucina del Reginella, grazie a lui, ha tenuto vincolato per la “gola” clienti di tutte le nazionalità per anni. Più volte la rivista femminile “Annabella” dedicava parecchie pagine ai piatti dello chef Nunzio. Come in tutti gli alberghi anche al Reginella c’erano conflitti fra reparti. I contrasti si dissolvevano quando assieme ci trovavamo, dopo aver finito la giornata di lavoro, in una cantina a Buonopane, che apparteneva al simpatico ed efficiente Pasquale Iacono, facente parte della brigata di sala. Questi incontri (meeting), in cantina, al chiaro di luna erano realizzabili grazie al personale che sacrificava con entusiasmo le ore di libertà per la preparazione dei giochi. Organizzavamo dei tornei indimenticabili di bocce, minigolf e bingo con l’entusiasmante partecipazione degli ospiti dell’albergo. Era bello il mescolarsi giocoso dei dipendenti dell’albergo con i clienti, che erano personaggi facoltosi (politici navigati, artisti affermati, industriali importanti). Anche i non più giovanissimi si impegnavano come dei bambini e si appassionavano per arrivare alla vittoria finale. I partecipanti dovevano versare una modesta cifra d’iscrizione. La formula era collaudata e tutti i clienti aspettavano questi momenti di svago durante il loro soggiorno. Il portiere Luigi Piro s’interessava dell’incasso e dell’organizzazione dei giochi. Col ricavato il maître, Luigi Rosani, si recava presso il suo macellaio di fiducia facendosi preparare delle “fiorentine” che venivano arrostite sulla brace, preparata sapientemente dal proprietario della cantina. Partecipavano alla cena soltanto il personale del nostro albergo. Durante queste riunioni fra reparti (con la discreta regia del sottoscritto) in cantina, col buon vino, pane di casa, insalata cafona, in compagnia del puzzo e del grugnito sommesso del maiale, l’allegra compagnia scaricava tutte le tensioni accumulate nei giorni precedenti sul lavoro. Erano soddisfatti e pronti per affrontare in armonia il lavoro dei giorni a seguire programmando in tempo il prossimo “meeting”!