Quando la solidarietà era di casa a Ischia.

Nel periodo estivo c’erano vari personaggi che giravano fra i rioni di Lacco Ameno. Indimenticabile era un vecchio che portava in giro, chiuso in una gabbia, un pappagallino con le piume gialle dello stesso colore della camicia del suo possessore. Il vecchio sopra la fronte aveva un ciuffo ribelle come quello del pennuto e il naso un tantino dantesco che richiamava sempre l’aspetto dell’animale.

Questo personaggio si aggirava per tutti i vicoli del paese e le donne, giovani e vecchie, gli davano cinque lire per farsi raccontare il loro futuro. Allora lui apriva uno sportellino della gabbia dove erano sistemati tanti bigliettini variopinti e l’animale ne porgeva uno al padrone che leggeva il “destino” con la gioia delle donne, felicissime per la favorevole predizione estratta dal pappagallino. Poi il pezzettino di carta veniva piegato e rimesso al suo posto. I biglietti erano tutti di buon auspicio, cambiava solo il colore.

Un avvenimento importante durante il periodo estivo era la presenza dei mutilatini di Don Gnocchi che alloggiavano nell’edificio scolastico Principe di Piemonte. I ragazzi più o meno della mia età o di qualche anno più grandi facevano parte di un progetto di integrazione. Don Gnocchi riuniva tutti questi sfortunati orfani o mutilati in seguito alla seconda guerra mondiale. Aprì vari orfanotrofi in tutta Italia, uno anche a Salerno.

Questi ragazzi alloggiavano nel nostro paese per una decina di giorni per usufruire di una vacanza salutare al mare. La domenica i mutilatini mangiavano presso le famiglie di Lacco. Mia madre ci preparava ad accogliere con amicizia questi ragazzi perché essi erano provati. Mi ricordo di Pasqualino, uno dei mutilatini, che aveva una gamba sola e si sosteneva con due stampelle di legno. Ogni volta che veniva a Lacco era ospite a casa nostra. Mia madre con mia sorella Rosanna, la più grande, si recavano all’edificio scolastico per prelevarlo e portarlo a casa da noi.

Il giorno prima si andava da Gelormina, che insieme al fratello Michele, gestiva una piccola fattoria sulla strada che portava alla Pannella per acquistare il coniglio che veniva cucinato con i bucatini e le patatine fritte. Era il menu fisso. Pasqualino era contento perché il coniglio in collegio non lo mangiava e gli piaceva come lo preparava mia madre.

Ogni 15 giorni il piroscafo “Vittoria” portava sull’isola comitive di pazienti anziani che facevano le cure termali presso il Pio Monte della Misericordia a Casamicciola. Questa era un’Opera Pia fondata nel 1600 da un gruppo di nobili napoletani. Queste persone provenivano dall’entroterra campano, da Avellino, Caserta, Giugliano, Aversa, Benevento e tanti altri paesi. La maggior parte dei forestieri era vestita di nero a segno di lutto.

Non esisteva l’assistenza gratuita per la cura dei fanghi e bagni termali da parte della cassa mutua. Lo scopo di questa lodevole istituzione era proprio di provvedere gratuitamente al fabbisogno dei bisognosi. Veniva offerto un letto per dormire e un pasto caldo oltre alle cure termali ai forestieri e per la gente del posto fungeva da mensa agli indigenti. I medici che assistevano i pazienti venuti da fuori assicuravano un piccolo pronto soccorso anche alla popolazione locale. Oggi quella gigantesca struttura che è situata nel centro della cittadina termale è in uno stato miserevole, fatiscente, cadente, quasi a dimostrare la scarsa considerazione dell’uomo verso il proprio simile. In passato, quando c’erano meno possibilità, il più ricco pensava al suo prossimo. Oggigiorno l’assistenza sociale è organizzata meglio, abbiamo ospedali attrezzati per tutte le nostre esigenze. Però allo stesso tempo è una vergogna vedere una struttura simile, messa su con amore e reale spirito di carità e altruismo, cadere a pezzi. Questo posto è diventato rifugio di extracomunitari che molto spesso muoiono nell’indifferenza generale. La struttura ha funzionato fino a metà del 1900. Di poi è andata in una continua decadenza nonostante le miracolose sorgenti termali, tanto magnificate dallo stesso Jasolino, che sono presenti nel sottosuolo del Pio Monte.

Il fatto positivo è dato da un Istituto di suore posizionato accanto al Pio Monte. Esse, con discrezione, danno assistenza con amorevoli cure ai più sfortunati da tempi remoti. Questa istituzione, nata quasi in contemporaneità al Pio Monte della Misericordia, opera ancora con abnegazione e nel silenzio assoluto.

Cinquantenario della morte di Angelo Rizzoli

“Col suo arrivo a Ischia tutto cambiò, non solo a Lacco ma in tutta l’isola. Da scoglio dimenticato diventò una Ferrari sorpassando i già noti paesi della costiera amalfitana, della penisola sorrentina e della vicina Capri. Come si suol dire fu inserita la quinta marcia tutto d’un botto…..”
Oggi 24 settembre 2020 ricorre il cinquantenario della morte di ANGELO RIZZOLI.
ETERNO RIPOSO DONA A LUI O SIGNORE, SPLENDI A LUI LA LUCE PERPETUA, FA CHE RIPOSI IN PACE. COSI’ SIA! www.peppinodesiano.it

Angelo Rizzoli, l’uomo della Divina Provvidenza

Questo “ricordo” è dedicato ai miei figli: Nicola De Siano e Claudia De Siano che, sin da piccoli, mi chiedevano di raccontar loro la storia di Lacco Ameno e la svolta nel turismo.

Con l’arrivo del Comm. Angelo Rizzoli tutto cambiò, non solo a Lacco ma in tutta l’isola. Da scoglio dimenticato diventò una Ferrari sorpassando i già noti paesi della costiera amalfitana, della penisola sorrentina e della vicina Capri. Come si suol dire fu inserita la quinta marcia tutto d’un botto.

La fortuna fu che prima Rizzoli, dopo Marzotto ed altri investitori trovarono le persone giuste al posto giusto come il sindaco Mennella a Lacco Ameno e Telese a Porto d’Ischia nelle amministrazioni. Quest’ultimo si diede un gran da fare per il lancio di Ischia nel turismo, lavorando instancabilmente per portare l’acqua potabile sull’isola.Lacco Ameno da paesino dormiente si svegliò repentinamente.

Contemporaneamente alla realizzazione dei grandi hotels, Rizzoli pensò bene di costruire un ospedale all’avanguardia per l’epoca. Quando caddi dal trampolino e mi spezzai il dente l’ospedale non c’era ancora e bisognava recarsi a Casamicciola dove per fortuna c’era l’ottimo medico Vitale. Durante lo sbancamento del terreno per la realizzazione dell’ospedale, noi ragazzi andavamo a giocare a pallone, scalzi, in quella località che si chiamava la “Torretta”, alla Fundera, poi scendevamo a mare a lavarci i piedi. Nel periodo di marzo andavamo a mettere le “trappole” per gli uccelli perché in quell’area c’era il passaggio delle “cucciarde”.La terra rimossa veniva sversata, con enormi camion del tipo “ursus”, in mare dove fu creato l’eliporto. Vedere quei camion enormi, pale meccaniche a lavoro, per noi ragazzi era uno spettacolo unico, straordinario. Nel giro di pochi anni Rizzoli realizzò un ospedale funzionante con i migliori medici dell’epoca, lo regalò alla comunità dedicandolo alla moglie Anna.

L’eliporto, poco distante, segnò un’epoca, fino a qualche anno prima sarebbe stato inconcepibile il trasbordo di turisti per aria! Si mise in moto un intenso traffico di elicotteri che portavano i clienti da Napoli a Ischia e viceversa. Altri ospiti arrivavano trasportati da idrovolanti che effettuavano ammaraggi sullo specchio d’acqua antistante il Regina Isabella. Tutto avveniristico!

Una panoramica funivia portava gli ospiti dal porto d’Ischia fin su al Montagnone per godere le bellezze del Golfo di Napoli. A Lacco Ameno, dove poi sorgerà l’hotel il Fungo, doveva realizzarsi una funivia che portasse i turisti al monte Epomeo. Il boicottaggio di qualche autorità dell’epoca fece desistere Rizzoli dall’attuazione del progetto da lui vagheggiato.

Capri, intanto, trionfalmente portava a termine la seggiovia, da Anacapri al Monte Solaro nel 1952.

Molti furono i progetti contrastati che il lungimirante Commendatore aveva previsto per lo sviluppo dell’isola. Non ultimo la realizzazione di un piccolo aeroporto nel cratere naturale di Campotese a Panza, inoltre la realizzazione di un parco in località Ortola, a Lacco Ameno, al posto delle vetuste baracche del terremoto del 1883.Con la nascita della Cassa del Mezzogiorno vennero costruite case popolari e Ina Casa in tutta l’isola. Unici esempi di edilizia popolare mai visti prima d’allora.A Casamicciola arrivava l’Overcraft. Il trasporto marittimo fu incentivato con Aliscafi che erano avveniristici per l’epoca ma obsoleti oggi, molti di essi sono ancora là. I traghetti furono rinnovati con nuove motonavi che purtroppo col tempo sono andate in disuso e sostituite con carrette che al minimo cambio di vento finiscono sugli scogli. Per non parlare degli attuali bus che dovrebbero trasportare i turisti da un paese all’altro dell’isola. Frequentemente ne trovi uno in panne che crea problemi alla circolazione e agli utenti nel bel mezzo di una strada.La magia aleggiava su tutta l’isola e il benessere entrava nelle case di tutti. Fiorivano alberghi di categoria superiore specialmente fra Lacco e Ischia. Per noi ragazzi era un eccitamento tutto nuovo. Durante i periodi estivi, Angelo Rizzoli con la sua Cineriz, attirava sull’isola personaggi mitici da tutto il mondo: stelle del cinema internazionale, cantanti famosi, artisti, scienziati, industriali americani che rappresentavano il gotha dell’economia mondiale, teste coronate, capi di stato. Le sue riviste e rotocalchi erano popolati di personaggi e artisti dell’epoca in vacanza a Ischia. Purtroppo il buon Angelo di nome e di fatto morì nel pieno sviluppo turistico dell’isola. Viviamo ancora di rendita di quella impronta fortemente impressa dal Commendatore.Molti mi chiedono che fine abbia fatto la semenza di uomini come Rizzoli, del dott. Malcovati, di Marzotto, di Enzo Mazzella, di Telese. Che dire, speriamo in una rinascita!

P.S. il 24 settembre 1970 moriva il Commendatore Angelo Rizzoli. Il 24 settembre prossimo ricorre il cinquantenario. R I P.

La rosa di Tita

I ricordi di un’infanzia passata insieme affiorano col tempo. Sapevo che ormai non c’era più niente da fare.I giorni, le ore della tua vita volgevano al termine e per sentire le tue reazioni ti raccontavo degli episodi di quando eravamo piccoli.Non volevo essere lasciato solo. Papà se n’era andato per primo, poi mamma, una nipote adorata scomparsa nel mezzo della sua giovane vita e poi nostra sorella Rosanna che, in silenzio, non ha retto al dolore della prematura dipartita della figlia. Adesso anche tu te ne sei andata ed io sono rimasto solo. Tutto un nucleo familiare è stato spazzato via ed io, per il momento, sono ancora qua, anche se non sono più giovane e sono circondato dall’affetto della mia famiglia, con la gioia immensa procurata dalle nipotine. In un certo senso sembra di sentirmi orfano, anche se ho compiuto i 75 anni!Alla fine della tua cerimonia funebre, raccolsi tre rose dai cuscini che adornavano il tuo letto, le tre più belle, dello stesso colore, rappresentavano per me la tua esuberante personalità.Le deposi in una busta e a fine cerimonia quando tornai a casa le piantai in un vaso. Gli steli erano esili e freschi, non adatti a farne una talea ma io volli ugualmente provare.Ho usato la tecnica trasmessomi da Angelo, il fanghino di Villa Svizzera, che, oltre al funzionamento del piccolo stabilimento termale, curava anche il giardino. Aveva un cane, se non sbaglio di nome “Dick”, che non abbandonava mai il padrone, gli stava sempre dietro. Durante l’orario delle cure dei fanghi si metteva in un angolo, fuori all’ingresso delle terme e aspettava il padrone che finisse di lavorare. Dopo lo svolgimento delle cure, Angelo manuteneva il giardino, il cane saltava sulla carriola e lo doveva scarrozzare per tutta l’area.Angelo mi mostrò la tecnica degli innesti che consisteva nell’incidere i rami dei fiori desiderati e mettere nell’intaglio due o tre semi di lenticchie o orzo, avvolgerli col cotone e piantarli in un vaso. I chicchi germogliando davano una spinta alle talee che in genere emettevano subito le foglioline. Angelo era di una sensibilità unica: parlava col cane e con le piante. Riusciva ad ottenere una fioritura rigogliosa in un terreno pieno di radici dato che il parco era pieno di alberi.Attuando questo procedimento fui subito premiato, tutte e tre i rami misero nuovi germogli ma solo una piantina è andata avanti.Nella primavera dello stesso anno della scomparsa di mia sorella, l’esile piantina mi regalò la prima rosa, l’ho denominata: la rosa di Tita, di colore giallo con i bordi striati di rosso, molto particolare.E’ un rapporto strano: non è un oggetto che si può stringere, toccare perché appartenuto a te, cara sorella, ma un fiore, una rosa, non così grande come quella appena uscita dal negozio del fioraio ma un poco più piccola, ugualmente bella, forse più forte, infatti la fioritura dura una decina di giorni. Ecco, avere questo fiore, ammirarlo, annusarlo per me rappresenta il tuo ricordo, il tuo simbolo.Mi guardo intorno, quando nessuno mi vede , mi fermo, saluto il fiore e gli parlo come se fossi tu. È l’ultima cosa che mi è rimasta di te. Racconto la mia giornata, i miei problemi giornalieri e ti invoco di pregare per me e per noi altri che siamo rimasti ancora qua. Ecco, la presenza di quella rosa mi allevia dal dolore della tua dipartita. Quando sfiorisce controllo che lo stelo, le foglie godano ottima salute, non le faccio mancare l’acqua e di tanto in tanto aggiungo un po’ di concime naturale. Dalla primavera fino all’autunno la pianta mi regala sempre fiori. Fino a quando sarò nel pieno delle mie forze continuerò a curare la piantina. Alla fine tutto passa, tu, io e la rosa.Sul tavolo della stanza da letto ho creato un angolo dove stanno tutte le persone defunte a me più care: mio padre, mia madre, Marilena, Rosanna, tu e i miei suoceri che pure hanno fatto parte di me in questa vita. Al mattino e a sera rivolgo a tutti voi un pensiero ed è bello iniziare la giornata invocando la vostra assistenza. A sera vi auguro la buona notte.Cara Tita, a volte penso che il fatto che io scriva tanto sia un tuo regalo perché tu eri brava nel raccontare e scrivere. Va bene che leggo tanto, capita anche che dimentico e compro due volte lo stesso libro, facilmente ne scordo il contenuto. Ma leggo e qualcosa rimane, me ne accorgo. Quando da piccoli raccontavi i “fattarielli” del “lupomannaro” o degli “spiriti” sapevo che tu inventavi tutto facendoli passare per fatti veri, ciononostante ti costringevo a raccontarne ancora altri. Mi avrebbe fatto piacere leggere i miei scritti sia a te che a mamma, a papà, a Rosanna e perché no anche a mio suocero, affermato e pluripremiato scrittore. Nella vita ho sempre osato e in questo caso avrei avuto l’ardire di sottoporli al prof. Luigi Polito!

Salvatore Monti, massaggiatore

Buongiorno e buona domenica col personaggio insostituibile delle Terme della Regina Isabella, Salvatore Monti. Quello che dicono di lui:Adriano EspositoPeppino De SianoGianni Agnelli , noto come l’avvocato, moltissime volte ha gettato l’ancora in rada nella baia antistante il Regina Isabella ed il motivo principale oltre al fatto che amava quell’angolo di paradiso, sbarcava e si recava nelle terme del lussuoso complesso per un motivo molto semplice: farsi massaggiare dal massaggiatore Salvatore Monti, noto a Lacco Ameno tutt’ora col nomignolo : U’ can e Magonza.Quest’ultimo aveva incoscientemente un fluido nelle mani che aveva del miracoloso Infatti i suoi clienti, quasi sempre noti personaggi facevano la fila nel prenotarsi per beneficiare delle sue prestazioni. Salvatore, un uomo molto amato a Lacco Ameno, illetterato al punto di permettersi di chiamare l’avvocato per nome: Gianni e discutere durante il massaggio del Napoli e della sua squadra di calcio: la Juventus., simpaticissimo e gran burlone, Salvatore non appena poggiava le mani sul corpo del cliente era capace di individuare i punti precisi ove quest’ultimo soffriva per il dolore. Il magnate italiano apprezzava il lavoro di Salvatore quando lo massaggiava e un giorno lo portò con se al Sestriere : nota stazione sciistica italiana di sua proprietà ove possedeva tre noti alberghi: I Duchi D ‘Aosta, la Torre ed il lussuoso Principe di Piemonte, ove impegno’ il massaggiatore per il periodo invernale. All‘epoca ricordo che sempre al Sestriere lavoravo nel negozio di Sartoria di mio fratello, noto a Lacco Ameno col nome di Mario d’Ischia., dal quale L’avvocato Agnelli era solito farsi confezionare ogni anno diverse paia di pantaloni su misura nella sartoria sita a Lacco Ameno. Fu proprio l’avvocato ad incoraggiare mio fratello a trasferire la sua sartoria al Sestriere per il periodo invernale e fu un vero successo commerciale. Ricordo di aver visto tante volte durante la stagione sciistica, l’elicottero dell avvocato accostarsi su un lato del monte Sises e una volta quasi sulla.neve saltare con gli sci ai piedi e discendere direttamente sino alla Hall del Principe di Piemonte,farsi massaggiare da Salvatore e ripartire subito verso Torino con lo stesso elicottero che lo attendeva nel rettangolo nei pressi del Grand Hotel.Adriano EspositoAdriano, proprio ieri mattina ho incontrato Salvatore “can e maconz” e gli ho chiesto del soprannome come ha avuto origine. Mi diceva che quando era ragazzo, nel rione Ortola c’era un calzolaio e un certo Raffaele “a moccia” che passava parecchio tempo a raccontare storie dei vicoli gli diede il nome di Gano da Magonza senza alcun riferimento al personaggio del poema del ciclo carolingio. Quello che racconti è molto bello e non me ne avevi mai parlato. Giovan Giuseppe Trani Peppino De Siano l’anno scorso estate 2019 al Regina Isabella è stato il nipote di Agnelli Lapo e sapete di chi chiesto del massaggiatore “U cane e Magonza “poi è andato a salutarlo

Silvestr e’Norina

Dalla piazza Santa Restituta la voce di Silvestro si levava melodiosa e passionale: “…..un’ora sola ti vorrei……..” e la signora andava in estasi.

La sciura, non più giovanissima, si affacciava dalle scale dell’albergo per scrutare dov’era quel tassista che le faceva una corte serrata e prendere palpitante i complimenti cantati dal suo novello Romeo!

Questo era il modo di comunicare di Silvestro con la sua signora di turno. Si presentava benissimo: sempre con camicia celeste e pantaloni blu. La povera moglie, nonostante il gran da fare con i numerosi figli piccoli, teneva il marito sempre abbigliato di tutto punto.

Silvestro me lo ricordo da giovanotto perché abitavamo vicini. Unico maschio di cinque sorelle. Da sottolineare che le sorelle erano bellissime. A differenza di altre ragazze dell’epoca, le sorelle erano slanciate, con gambe lunghe, occhi chiari, si differenziavano dalle coetanee. Proprio Nora, una delle sorelle che aveva un fisico mozzafiato da pin up, fu eletta un’estate degli anni ‘50 miss Lacco nel giardino dancing all’aperto dell’albergo Santa Restituta. In seguito in questo posto fu costruito l’Albergo della Regina Isabella. La mamma Luigina, con i capelli ricci, sempre ben curata, è stata una donna eccezionale: ha portato avanti la numerosa famiglia da sola, senza parenti che l’aiutassero. Il marito Pietropaolo emigrò in America lasciando a casa sei bocche da sfamare in tenera età. All’epoca Ischia era una terra dimenticata, offriva ben poco. Molti erano i capofamiglia, spesso con famiglia al seguito, che si spostavano in cerca di fortuna fra l’Argentina, gli USA, Australia e altri Paesi. Non era semplice spostarsi con la famiglia perciò Pietropaolo pensò di partire da solo per poi richiamare i congiunti. S’inserì subito nel mondo del lavoro, impegnandosi duramente, mandando pacchi in continuazione dall’America con ogni ben di Dio in Italia. Nel giro di qualche anno riuscì a comperare, da un altro Lacchese che lavorava con lui in America, una casa enorme che inizia da via C. _Colombo e domina dall’alto, per un lungo tratto, le baracche del rione di Mezzavia. I terrazzi di Luigina erano pieni di ortensie enormi, di tutte le tonalità, erano di un effetto straordinario, mai viste prima d’allora.

Silvestro, fin da giovane, me lo ricordo sempre con camicie di colore celeste. Le donne di casa lo facevano vestire in modo ordinato. Anche per il suo fisico longilineo e i capelli ricci si è sempre distinto dagli altri tassisti.

Con il suo vocione già da ragazzo è stato “nu’ arrvotapopol”. Nel periodo natalizio, nei vicoli di Mezzavia, quando le ragazze lo vedevano apparire si buttavano tutte sulle nocciole , prima che finisse il gioco, ancor prima che lui lanciasse il suo grido “abbaraon”!

Quindi niente da meravigliarsi se tante signore dell’alta borghesia milanese, torinese, genovese, che venivano a curare i malanni presso le Terme del Regina Isabella, s’innamorassero di lui. Si diceva addirittura che una signora ricchissima passasse lunghi periodi al Regina Isabella per stare con lui e voleva portarlo con sé come autista “tuttofare” a Genova. Ma lui lo scoglio non l’ha mai lasciato, era troppo legato alla moglie Giannina e alla numerosa prole!

Con la moglie dolce e silenziosa ha cresciuto e seguito i numerosi figli fino a grandi, facendoli studiare e qualcuno di loro ha concluso gli studi universitari.

Ma Silvestro non ha mai smesso di corteggiare le sue signore, intonando il suo cavallo di battaglia: “…… un’ora sola ti vorrei…”

 

La presentazione del libro “Venuta dal Mare”

E’ stato un momento appassionante e di grande pathos la presentazione del libro “Venuta dal Mare” organizzato da Erminia Turco, impreziosita dalla presenza del Vescovo, Mons. Pietro Lagnese, il parroco, Don Castaldi Gioacchino e Don Emanuel Monte. Il sagrato della Basilica di Santa Restituta era colmo di curiosi e fedeli assetati di conoscere nuove storie, dettagli, ricerche che sicuramente avrebbero reso felice ed orgoglioso Don Pietro Monti. Per me è stata una gioia immensa nel fare la conoscenza dei giovani “scrittori” che hanno partecipato col loro impegno alla realizzazione del libro Venuta dal Mare. L’impegno è stato notevole. Ancora grazie a Erminia Turco, Rita Bosso, Mariangela Catuogno, Francesco Castagna, Domenico D’Agostino,Tuta Irace, Ernesta Mazzella, Graziano Petrucci, Pasquale Raicaldo e Lucia De Luise per le suggestive foto.